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Maria SS tra lacrime e dolori segreti


 Il peccato ha inaridito e avvelenato la terra: la povera terra degli uomini. L'ha indurita come il fondo della strada, l'ha coperta di pietri­sco e di rovi: il seme, così, non arriverà mai a produrre i suoi frutti: o se lo porteranno via, o inaridirà, sterile. ..

Per riuscire ad essere terra aperta al seme, perché il frutto possa maturare abbondante e non si fermi al trenta o al sessanta, ma arrivi al cento, com'è nei disegni del Padre, occorre la pioggia delle lacrime, l'irrigazione del dolore! «Come terra riarsa è a Te la mia anima».
Quanto più acqua, tanto frutto.
Ecco perché Iddio volle tanta sofferenza da suo Figlio, e dalla sua Mamma...

 e ne chiede anche a noi, in proporzione alle nostre povere capacità...
Sentiamo dire talvolta: Gesù poteva redimere il mondo con un solo batter di ciglio, ma ha preferito la passione e la morte in Croce.
A Dio tutto è possibile. Ma se nell'ordine della sua misericordiosa e onnipotente provvidenza il Padre amatissimo ha disposto così, vuol dire che nel piano della salvezza era necessario tutto quel dolore, non un'oncia di meno!
Gesù non vi era minimamente tenuto, ma dal momento che ha vo­luto, era necessario tutto quel dolore. Altrimenti il Padre lo avrebbe esaudito quando, nell'orto degli ulivi, la sua umanità supplicava: «se è possibile... allontana... »
Se il Padre celeste non ha esaudito la supplica del «Figlio diletto» che agonizzava nell'orto, vuol dire che non era possibile. Quindi era necessario.
Perché il dolore?
Perché? È la terribile domanda che attanaglia l'uomo alle prese col dolore, dalle lacrime di Eva in poi...
Non già che mancasse qualcosa alla efficacia essenziale dell'azione redentrice del Cristo: il seme di salvezza era di potere infinito. Ma era­vamo noi - i popoli tutti - chiamati ad accoglierlo per farlo fruttifica­re, che avevamo bisogno di tutto quel dolore, e di tutto quel sangue, e di tutte quelle lacrime, per liberare la nostra natura dall'aridità del pec­cato, e diventare così creature disponibili al seme della grazia.
Per liberarci dal male iniziale abbiamo bisogno di tutta una trasfor­mazione purificatrice del nostro io, per arrivare a poter pronunziare di nuovo, dal cuore e col cuore, il nostro «ecco l'ancella» con la coerente conclusione del "sia fatta la tua volontà".
Non il seme di redenzione del Cristo, dunque, aveva bisogno di tutto quel dolore, ma il peso della nostra povera natura aveva bisogno di un tale lavacro, per esser resa capace non solo di ricevere le redenzione, ma di corrispondere alla redenzione.
E poiché il peccato dell'uomo non è solo il peccato di Eva e di Adamo e di Caino, ma è qualcosa di continuato, di capillare, d'ininter­rotto, di sempre rinnovato, occorreva, oltre all'azione violenta di frat­tura del Golgota, un'azione altrettanto continua e quotidiana.
Ecco il significato e la ragione del dolore continuo della Madonna, e della perenne sofferenza nel mondo e nella Chiesa; ecco il significato del prolungarsi, nel Corpo mistico del «supplisco nella mia carne, a ciò che manca delle tribolazioni del Cristo».


Quante lacrime segrete

Questa è la realtà, feconda e materna, dei dolori della Madonna.
Sbaglia, menomandola, chi si limita a contemplarla, do­lente, soltanto ai piedi della Croce.
Fu tutto un martirio la sua esistenza, dall'attimo in cui, a Nazaret, disse il suo "sì". Ed è proprio qui il merito di quel "sì" nell'accettazione di tutto il dramma. Maria fu ininterrot­tamente corredentrice. Di una sofferenza, come quella di Cristo Figlio suo, tutta compe­netrata d'amore, e quindi d'in­tima gioia: ma non per questo meno sofferente.
Per trenta lunghi anni, da Betlemme al Giordano, tutti i giorni, mille e mille volte al giorno, ogni volta che lo sguardo si fissava ammirato e adorante e traboccante di amore su di Lui, il suo cuore riceveva di rimbalzo il rincrudimento della ferita di spada annunziata da Simeone. Ogni volta più profonda.
Dio solo sa quante lacrime segrete specie durante gli ultimi tre anni e nelle ultime settimane e negli ultimi giorni, inondarono quegli oc­chi... Questa lunga, lenta pioggia di lacrime è necessaria soprattutto per quelle anime che resistono all'azione della grazia: che si ostinano a restare individui inestimabili e chiusi, impenetrabili alla voce del Signore.
V'è chi si lascia folgorare dalla luce dello Spirito purificatore, e al­lora vengono bruciati in quella fiamma: Levi, Zaccheo, Maria di Magdala, e poi Pietro, il buon Ladrone, e il Centurione, e poi Saulo, Agostino ... Eva Lavallière, Papini... Sono esempi di vita straordinari e sconvolgenti, ma un colpo ben assestato li trasforma in un attimo e li fa diventare santi. Provvederanno poi da sé a continuare ad irrigarsi con le proprie lacrime, impregnate di nuova carità...
Ma quanti sono questi «folgorati», in confronto alla massa?
Quanto più numerosi quelli che si ostinano o che cercano di osti­narsi nel peccato! E allora il dolore - che anche nell'innocente è frutto e figlio del peccato - il dolore bisogna che duri quanto e finché dura il peccato, per poterlo sommergere nelle sue lacrime, e ammorbidirlo, dissolverlo, lavarlo in un lavacro di amore.

Con il pianto

Il peccato si lava con il pianto: col pianto vero e proprio, quello che erompe dal cuore: da un cuore che ama. Oppure col sangue. Il sangue - presumibilmente - a noi non è dato versarlo: è un privilegio di pochi. È una prerogativa che il Cristo ha riserbato a sé, ed ha concesso a pochissimi altri: i martiri.
A noi restan le lacrime: salate ed amare, pesanti e massicce, terse e cristalline. O le nostre lacrime - come quelle autentiche di Pietro e della Maddalena, che risolvono tutto -, oppure, per un importo centuplicato, quelle che gli uni sono chiamati e disposti ad offrire per gli altri.
Quando un uomo non sa o non vuol piangere per i propri peccati quando un'anima è diventata dura come un macigno; quando anche l'ultima fiammella di vita spirituale si è spenta, e, a somiglianza della figlia di Giairo, del giovinetto di Naim, di Lazzaro, la morte è scesa ine­sorabile e corrompitrice, senza più consentire possibilità alcuna di coo­perazione..., allora, per ottenere - se possibile - il miracolo della misericordia, occorre proprio il dono amorevole delle molte lacrime della Madre misericordiosa.
 Un dono amorevole 
Le lacrime silenziose e onnipotenti della Madonna, cominciate a scorrere sulla greppia di Betlemme, e continuate, in un segreto ininter­rotto stillicidio, fino al Calvario. Lacrime versate dagli occhi fino a tu­mefare il volto.
Lacrime - più spesso e più cocenti - trangugiate e trattenute nel­l'anima, fino a tumefare il cuore.
Le lacrime mute della vedova di Naim, quelle di Marta e Maria, quelle di Monica... e, dietro alle tante, anche quelle, perché no?, che anch'io son chiamato a versare - dopo aver pianto ed espiato per i peccati miei - per quelli «di tutto il popolo», nello Spirito Santo che prega per noi «con gemiti inenarrabili»: per ammorbidire le anime più dure, per arrivare a sfibrarne la resistenza, per poi lavarle, mescolando nella carità le mie con quelle di tutto il creato che geme.
Nell'attesa, consapevole o meno, dell'avvento finale di Colui che, nel proprio Sangue e nelle lacrime di sua Madre, è venuto a donare un si­gnificato, una voce, un valore vitale e santificante a tutte le lacrime e a tutto il dolore del mondo:
Lacrime della desolazione, della delusione e dell'abbandono - del­l'incomprensione, della freddezza e della ripulsa;
Lacrime dell'umiliazione, della calunnia e del tradimento - della contraddizione, del disgusto e dello scoraggiamento - del fallimento, del disprezzo e del disonore;
Lacrime dell'insuccesso, della sconfitta, della vergogna - della pro­fanazione, dello scandalo, della disperazione;
Lacrime del pentimento, della ricaduta e del rimorso - del rimpianto, della nostalgia e dell'attesa;
Lacrime dell'impotenza, dell'incertezza, della paura - dell'aridità, del deserto e della notte fonda;
Lacrime del bisogno, della povertà della miseria - della fame, del fred­do, dello squallore;
Lacrime della debolezza, della vecchiaia, della solitudine - dell'in­sonnia, dell'infermità e dell'agonia;
Lacrime delle mamme e delle vedove - degli orfani e degli oppressi, dei senza tetto e dei disoccupati;
Lacrime dei prigionieri e dei carcerati - dei deportati e degli esuli, dei perseguitati, dei torturati e dei martiri;
Lacrime della separazione, della riparazione, della compassione, del­l'espiazione;
Lacrime dello zelo, della misericordia, della speranza - del perdono ottenuto, del perdono concesso, dell abbraccio fraterno;
Lacrime dell'innocenza, della riconoscenza, dell adorazione; Lacrime della gioia, lacrime dell'offerta, lacrime dell'amore... Lasciamoci attrarre dalle lacrime della Madonna, confluite nel tor­rente d'amore che sgorga dal Golgota, concorriamo a migliorare e riscattare il mondo!
Tratto dalla rivista: “Papa Giovanni”

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