Gli agenti presidiano le
chiese: ecco la polizia religiosa
Di Andrea Zambrano
Agenti
della Municipale davanti alle chiese per controllare che nessuno entri durante
la Messa. Succede a Bedizzole, in provincia di Brescia. E si replica nel
Veronese dove il parroco beccato a dire Messa coi fedeli viene segnalato
all'Arma e deve andare in tv a cospargersi il capo di cenere: “Non lo faccio
più”. Per ogni chiesa patriottica c’è una polizia religiosa che
interviene e che va oltre le disposizioni del governo
sul Coronavirus. Ma per presidiare i bar che trasgrediscono e controllare
chi affolla i parchi non si trovano uomini...
Per ogni chiesa patriottica che
si rispetti c’è anche una polizia religiosa che si presta a intervenire. La
caccia alle streghe partita a Castello
d’Agogna domenica scorsa, dove il parroco è stato segnalato ai
carabinieri per aver celebrato una Messa, sine populo, ma a porte
aperte, era destinata a proseguire. E infatti così è stato.
A
Bedizzole, provincia di Brescia, il parroco ha celebrato sì la Messa a porte
chiuse, ma queste sono state di fatto chiuse dal sindaco che poco prima della
celebrazione ha fatto irruzione in chiesa per assicurarsi che non ci fossero
fedeli. La celebrazione si è svolta con un presidio di due agenti della polizia
municipale a controllare che nessuno dei fedeli del piccolo borgo lombardo
entrasse in chiesa. E al termine uno di loro è anche entrato dentro a controllare
che tutto fosse a posto e non ci fossero assembramenti.
Il
giorno dopo il parroco don Franco Degani, raggiunto dalla Nuova BQ non
nega i controlli dell’autorità pubblica, ma dispensa serenità e sorrisi: «Tutto
a posto, normali controlli, come del resto devono fare». Normali controlli?
Non
proprio, se è vero che i testimoni hanno visto tra sindaco e parroco toni
accesi, non propriamente una lite, ma un fastidio, più che giustificato, da
parte del parroco. Uno di questi è Renato Venturelli, sagrestano della chiesa
bresciana che domenica ha assistito con i suoi occhi all’ingresso del sindaco
del paese in chiesa: «È entrato, voleva controllare che non ci fosse nessuno in
chiesa – spiega Venturelli – e si è stupito di trovare alcune persone dentro».
Il
parroco gli ha fatto notare che si trattava di parrocchiani che stavano
allestendo la diretta Facebook che sarebbe iniziata di lì a poco, mentre un
altro gruppetto, di appena 4 o cinque persone, era il coro in formazione
ridotta che in un luogo a parte della chiesa, e ben a distanza, avrebbe
accompagnato la celebrazione eucaristica.
«Il
parroco si è risentito, cercando di giustificare la presenza. Il sindaco se n’è
andato solo quando sono state chiuse le porte della chiesa». A quel punto
Venturelli, che stava spazzando il sagrato si è allontanato per alcuni minuti.
«Quando sono tornato ho trovato due agenti di polizia municipale che
presidiavano il portone della chiesa impendendo a chiunque di avvicinarsi».
A che
titolo? I vescovi hanno detto che le chiese posso restare aperte, i
sacerdoti hanno recepito che le Messe siano private, ma in molti, se si trovano
nelle chiese aperte dei fedeli entrati per pregare, non se la sentono di
cacciarli fuori. Invece a quanto pare, la presenza degli agenti della polizia municipale
autorizza a controllare anche dentro gli edifici di culto se vengono rispettate
le ordinanze del governo. È legale? Sarà materia di giuristi.
Quel
che è certo è che non si è mai visto che forze dell’ordine si mettano a
presidiare una chiesa per impedire l’accesso dei fedeli. Né sindaci che entrano
nel tempio per controllare il numero dei presenti. Qualcuno dovrà giustificare
queste licenze, o no?
«Non
spetta all’autorità statale identificare la natura di cosa sia o meno una
“cerimonia religiosa”, bensì all’Autorità Ecclesiastica - fa notare il canonista Fabio Adernò -
ma più ancora di una disposizione che lede, insieme, l’autonomia e la sovranità
“nel proprio ordine” della Chiesa Cattolica (cfr. art. 7 cost.) e, al tempo
stesso, la libertà religiosa del singolo cittadino cattolico al quale, è vero,
non è impedito di entrare in chiesa, ma di fatto è proibito esercitare il
proprio credo religioso, in aperto contrasto alla libertà di culto riconosciuta
dalla Costituzione (cfr. art. 19 Cost.) d’uno stato in cui vige un regime
concordatario».
In
realtà, stando a quanto accaduto a Bedizzole, ai fedeli sarebbe stato impedito
di entrare in chiesa, diversamente non si spiegherebbe la posta della polizia
municipale, la quale al termine della Messa ha preteso di entrare in chiesa e
controllare. «Quando la celebrazione è finita, il parroco ha riaperto i portoni
della chiesa – prosegue Venturelli – e si è trovato con sorpresa i vigili
appostati: “Addirittura siete venuti voi!”, ha sbottato il sacerdote. E ha
aggiunto: “Non vorrete mica venire a controllare adesso?”. Uno di loro ha
detto: “Sì”. Ed è entrato».
Sempre
Venturelli riferisce come il parroco a quel punto sia sbottato: «Al bar di
fronte ieri notte hanno fatto baldoria fino alle 3, ma non siete andati a
controllare da loro, vero?». Infatti, per presidiare i bar non si trovano e non
si troveranno mai abbastanza uomini. E nemmeno per presidiare i parchi alla
domenica pieni di gente. Ma per le chiese sì. Gli uomini si trovano.
Il
clima in paese però non deve essere dei migliori. Il giorno prima, sabato, il
sindaco si era recato a controllare anche il numero dei partecipanti a un
funerale: «“Non posso mica sapere chi è parente e chi no”, ha detto don
Franco», ci spiega il sagrestano.
Piccole
scaramucce di paese, ma che si moltiplicheranno a dismisura nel corso di questi
giorni andando a limitare sempre più quella che i giuristi chiamano la libertas
Ecclesiae.
A
Trevenzuolo, nel Veronese il parroco don Alberto Antonioli dopo aver cancellato
3 delle 4 messe domenicali, ha celebrato col portone semichiuso la messa delle
9.30. Dentro sono entrate alcune decine di fedeli. Ma al termine si è visto
entrare i carabinieri che lo hanno dovuto segnalare per inosservanza del
decreto del governo. Lui, in tv, si
cosparge il capo di cenere tra le lacrime: «Non lo faccio più, scusate».
Colpirne uno per educarne cento.
Il
rischio della perdita della libertas Eccleasiae è sottolineato
anche da Vittorio Sgarbi che
ieri denunciava con la sua consueta verve: «La sospensione delle
funzioni religiose, stabilita dal governo, è anticostituzionale, oltre ad
essere, come molte altre misure, insensate. Discrimina, in Europa, l’Italia
dalle altre nazioni, non attraverso zone rosse e zone gialle, ma sospendendo il
sentimento religioso, nel quale si ripone una parte della speranza nei
credenti, rispetto a quella che il Papa stesso chiama “situazione disumana”».
Sentimento
religioso e speranza? Non c’è spazio per questi sentimentalismi nelle
chiese patriottiche.
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