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Wojtyla: sei anni fa la morte Navarro, era uomo autentico

Cardinale Amato: 'Sara' santo ma ci vorra' il tempo giusto

 di Eva Bosco''L'unica cosa non comunicabile della vita umana e' la falsita' ''.


E ''i gesti di Wojtyla esprimevano sempre verita', non erano mai enigmatici. Non c'era nulla di posticcio, di preparato.
Erano genuini. Autentici''. A sei anni dalla morte di Giovanni Paolo II e quando manca ormai un mese alla sua beatificazione, Joaquin Navarro-Valls, che fu il suo portavoce, traccia un profilo appassionato e molto personale del papa grande comunicatore, del pontefice che bucava lo schermo. La Pontificia Universita' della Santa Croce lo ha invitato a una giornata di studio dedicata a Wojtyla insieme al cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il quale ha ripercorso l'iter del processo di beatificazione, guardando anche al passaggio successivo, la canonizzazione.
La domanda inevitabile che in molti si fanno, infatti, e': quando Wojtyla sara' proclamato santo? ''Non chiedetemelo, non lo so - ha affermato il porporato -. La canonizzazione esige un altro miracolo'' oltre a quello riconosciuto con la beatificazione. E questo ''avra' bisogno di tempo. La santita' non e' un frutto d'estate, matura quando matura''. Il card. Amato ha rivelato anche un altro particolare, smentendo voci che erano circolate sulla stampa nei mesi scorsi: nella ''positio'', ossia la documentazione relativa alla causa di beatificazione, ci sono anche le testimonianze dei cardinali Sodano e Sandri, il primo segretario di Stato e il secondo sostituto alla Segreteria di Stato sotto Giovanni Paolo II. Ma prima del Wojtyla beato e, in futuro, santo, c'e' stato il Wojtyla papa e uomo. Il ritratto uscito dalle parole di Navarro e' carico di affetto.
''Chi lega la sua capacita' comunicativa alle sue esperienze giovanili di attore, secondo me confonde la causa con l'effetto. Io ho sempre pensato che la sua efficacia comunicativa dipendesse da cosa diceva, non dal come. Anche se in lui c'erano tutti e due gli elementi''. E il come era fatto da una ''qualita' umana, da una voce dal registro baritonale educata musicalmente, da un accento che era sempre in sintonia con l'idea, cosi' come il gesto''. Ci teneva, Wojtyla, a parlare sempre nella lingua del paese che visitava e non amava, rivela Navarro, l'egemonia forzata dell'inglese. ''Anche in Giappone si fece fare una trascrizione fonetica del testo. E i giapponesi lo capirono''.
''Non era necessario darli consigli'' e ''aveva una capacita' intuitiva nel comunicare'', ma ''chiedeva suggerimenti e era attento alle risposte'', racconta. Ma era la naturalezza, il vero segreto. Nel corso di uno dei suoi viaggi negli Stati Uniti, il New York Times scrisse un articolo sul suo rapporto con lo schermo televisivo e sentenzio' che ''il Papa domina la televisione semplicemente ignorandola''. Perche' di fatto, Giovanni Paolo poteva anche ignorare o contraddire le regole del linguaggio televisivo. C'era qualcosa di piu' forte, in grado sempre di ''passare''. E inoltre aveva chiaro che ''i media non si utilizzano: se si vuole giocare coi media bisogna entrare nel loro linguaggio. E se l'obiettivo e' che la stampa parli il meno possibile di noi e ne parli solo bene, la battaglia e' persa in partenza. Con lui - ha sintetizzato in una frase Navarro - il tema non era: cosa ha detto ieri il giornale; ma: cosa voglio dire io oggi''.

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